giovedì 15 ottobre 2020

L' uomo del passato e l'arroganza del tempo presente



Spesso e sovente coloro che studiano la storia e l'archeologia formulano teorie e si pongono domande su come poteva essere la vita di coloro che ci hanno preceduti ma, senza rendersene davvero conto, spacciano queste idee per fatti. Perché così la gente comune li acquisisce, come verità inviolabili, tant'è che semplici supposizioni vengono insegnate nelle scuole ad una generazione per poi essere smentite nella generazione successiva. Questo contribuisce alla creazione di luoghi comuni, confusione e idee poco attinenti con la realtà. Infatti un bambino non può in alcun modo ragionare come un adulto e si limita semplicemente ad assorbire ciò che gli viene insegnato. Io stesso ogni tanto mi rendo conto delle assurdità che sono stato costretto ad imparare a menadito, perché ragionandoci sopra sinceramente è palese che certe cose non tornano.

L'ENIGMA DELLE PALAFITTE E IL FRAINTENDIMENTO MODERNO


Parliamo ad esempio della storia delle palafitte, ai miei tempi era idea comune che gli uomini hanno iniziato a costruire palafitte per "scappare e difendersi dagli animali selvaggi". Il che se ci si pensa bene è ridicolo. Se ci fosse stato sulla terraferma qualcosa di tanto terribile da cui fuggire o proteggersi, allora tutti quanti avrebbero costruito in quel modo e poi stiamo parlando di 10.000 anni fa circa, la fauna di quel tempo non era poi cosi diversa da quella di ora. Considerando poi le prime armi di ferro e la vita gregaria, l'essere umano avrebbe tranquillamente potuto affrontare qualsiasi minaccia, senza alcun bisogno di scappare o proteggersi. Se poi gli animali del tempo si comportavano come quelli di oggi (cosa altamente probabile), sarebbero fuggiti alla vista dell'uomo. Quindi non ha nessun senso, così come non ha senso il costruire palafitte per proteggersi dalle incursioni di eventuali "ladri" a caccia dei preziosi strumenti di ferro. Per trovare una spiegazione plausibile a questo comportamento basterebbe osservare i popoli che ancora oggi vivono nelle palafitte, e la spiegazione si potrebbe rivelare delle più semplici.
Le motivazioni principali che spingono questi popoli a farlo si potrebbero riassumere così: 

1. Zone in cui per diversi motivi il livello dell'acqua varia su base giornaliera (maree) o stagionale (monsoni).
2. Zone paludose dove non è possibile costruire, e quindi vi è poca disponibilità di terra da coltivare.
3. La vita del villaggio è basata sulla pesca, e quindi è necessario non che utile avere l'abitazione vicino alla principale fonte di sostentamento.

Si può notare quindi come spesso e sovente queste spiegazioni a dir poco fantasiose siano per lo più inspirate da una visione "cinematografica" e "sensazionalistica" del passato, dove il punto focale di questa visione è la storia dell'uomo sottosviluppato, retrogrado, che vive in un mondo ostile, caotico, spaventoso in cui l'unica vera conquista è stata quella del progresso e della scoperta che gli hanno permesso di dominare su una natura caotica e ostile. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Perché ci ostiniamo a vedere il passato attraverso il nostro punto di vista moderno e civilizzato? Io quello che so è che vedo ogni giorno gli animali che vivono vicino a me e quelli lontani, attraverso i documentari, e nei loro occhi non vedo affatto la paura, quella classica paura che noi esseri umani temiamo tanto, non mi sembrano affatto vittime di un mondo caotico e crudele. Così è per coloro che ancora vivono come si faceva 10.000 anni fa, non vedo alcuna tristezza sui loro volti, alcuna paura. Se per loro è così, perché mai la vita avrebbe dovuto essere tanto " brutta" e diversa in passato? Forse per noi lo è, perché ragioniamo col senno di poi, siamo abituati ad un certo tenore di vita e immaginare una vita diversa, senza ciò a cui siamo abituati e ci fa sentire protetti, ci sconvolge e terrorizza.
Ma la verità è che prima della scoperta del fuoco nessuno soffriva per la sua mancanza!

E' molto facile quindi trarre conclusioni sbagliate quando si cerca di ricostruire la vita degli uomini del passato, tanto più se si cerca di vedere ogni cosa attraverso i nostri occhi e attraverso la nostra cultura moderna e civilizzata.
Rimaniamo nella stessa epoca e parliamo ora di Otzi, la famosa mummia rinvenuta nei ghiacci. Come quasi sempre accade, si cerca di esaminare in ogni suo aspetto il corpo alla ricerca di eventuali indizi che possano raccontare come vivevano gli uomini di quel tempo. Fin qui nulla di poi così errato, se ci si limita a guardare le cose per quello che realmente sono. Ma ecco che arrivano le ipotesi.
Sul suo corpo sono stati ritrovati segni che testimoniano uno stress psico-fisico e subito ecco che viene sganciata la bomba:
"Questo uomo soffriva, quindi non aveva una vita felice. Aveva almeno due malattie parassitarie che gli causavano dolori atroci, i polmoni completamente anneriti dal fumo del fuoco e lo stress è dovuto al fatto che gli uomini a quel tempo lottavano continuamente per restare in vita"
Quindi chi afferma questo è davvero convinto e collega il fatto che Otzi fosse sotto-stress al fatto che "non doveva essere bello arrancare ed affannarsi per vivere un giorno in più". Ma come è possibile affermare una cosa del genere con così tanta convinzione? E, ancora peggio, come è possibile insegnare ai bambini o comunque a chiunque ascolti un qualcosa che è fondato esclusivamente su delle IPOTESI. Cioè si prende un uomo morto, lo si esamina, e, sulla base di quello che si trova si pretende di sapere con certezza come doveva essere la vita di tutto il genere umano a quel tempo. Forse qualche indizio lo si potrebbe trovare anche, ma spacciare questi indizi per fatti assoluti ritengo sia errato.
Quindi possiamo ritrovare qui ancora la tipica convinzione uomo del passato = uomo sottosviluppato, sfortunato, primitivo, rozzo, ignorante, infelice ... insomma tutte le sfighe ce le hanno loro sti poveracci. Mica come noi, che c'abbiamo tutte le fortune! Eppure sapete, mentre queste persone arrancavano per sopravvivere un giorno di più e si stressavano, poverine, sono state capaci di costruire cose come Stonehenge che manco ora sappiamo come sono state fatte realmente. Forse perché la nostra mente è talmente chiusa e ripiegata su noi stessi e sulla nostra cultura da non riuscire a concepire come si possa vivere tranquilli e felici senza determinate conoscenze e tecnologie.
Forse ci sentiamo più liberi e più felici di quelle persone per il semplice fatto che sappiamo molte cose e possiamo fare tante cose, senza fare troppa fatica.
Ma quanto questa convinzione è realmente fondata, e quanto, invece, essa è il frutto del nostro punto di vista e delle nostre credenze?
L'essere umano ha sempre pensato, ha sempre creduto che ogni passo, ogni nuova scoperta lo conducesse sempre più verso la via della felicità, dell'abbondanza e della libertà. Ha sempre creduto che sarebbe bastano dominare e controllare ciò che lo circondava in quel momento per essere al sicuro e per avere una vita migliore.
Ma se in realtà non fossimo davvero noi a dominare e controllare ciò che ci circonda, ma bensì il contrario? Pensateci... quante tecnologie sono state portate nella nostra vita che prima non c'erano e di cui, ora, non possiamo più fare a meno? Non sto mettendo in dubbio il fatto che molte di esse facciano comodo o siano utili. Perché è così, dato che non possiamo / riusciamo più farne a meno. Però come possiamo dirci e sentirci liberi e felici se ogni passo che facciamo ci porta ad essere sempre più dipendenti e incapaci di fare altrimenti?

IL PARADOSSO DEL FUOCO


Parliamo ora della scoperta del fuoco. È credenza diffusa in ambito scientifico e culturale che il primo modo che avevano gli uomini per utilizzare il fuoco era quello di sfruttare incendi e temporali per ottenere braci o rami in fiamme da "portarsi a casa" e da alimentare poi in spazi predestinati.
Si pensa che questo fu molto importante per l'essere umano in quanto il fuoco per essere utilizzato doveva essere "mantenuto vivo" e per riuscire in questa impresa l'uomo dovette organizzarsi in "turni" dove un membro del gruppo stava sveglio e attento a non farlo spegnere (dato che nessuno ancora lo sapeva accendere). Questo, dicono, contribuì a rendere l'uomo responsabile.
Ora, non metto in dubbio l'utilità del fuoco senza il quale forse non saremmo nemmeno qui, però vorrei far riflettere sul risvolto della medaglia di questa vicenda. Se è vero che il fuoco ci è stato di grande utilità, è anche vero che dopo la sua scoperta l'uomo non è stato più in grado di farne a meno... fin forse al punto da ritenersi spacciato senza di esso, fino al punto di disperarsi e darsi da fare per mantenerlo acceso. Quella che loro chiamano responsabilità, in concreto non è stata altro che una delle prime catene che ci siamo messi al collo da soli. Si pensa che sia stato l'uomo ad addomesticare il fuoco... ma e se invece fosse il contrario? Non è forse vero che siamo stati anche noi a farci dominare / addomesticare dal fuoco?
La responsabilità che si menziona non è altro che un impegno che richiede tempo ed energie.
Quindi noi otteniamo vantaggio dal fuoco, ma questo vantaggio non è gratuito e scontato. Abbiamo pagato un prezzo per averlo, così come abbiamo pagato e continuiamo a pagare per ogni nostra scoperta, per ogni nostro passo.

Ogni nuova tecnologia, ogni nuova scoperta o conquista del genere umano ha ed ha avuto un suo prezzo.
Il fuoco ha avuto il suo… ma anche qualsiasi altro tentativo dell'essere umano di dominare ciò che lo circondava ha sortito gli stessi medesimi effetti.
Pensiamo all'addomesticamento… prima i campi li coltivavano a mano, l'aratro lo tiravano a mano. Che fatica, direte voi!
Con gli animali tutto migliora e il problema è risolto! Facciamo tirare a loro l'aratro, così noi non facciamo fatica. E tutti vissero felici e contenti… eh no!
Rifletteteci… che cosa ha comportato l'addomesticamento degli animali? In questo caso dei grossi animali da tiro necessari per smuovere un pesante aratro di ferro?
Questa "scoperta" ha evitato che l'essere umano si spaccasse la schiena per coltivare il proprio cibo, però paradossalmente l'essere umano così facendo ha iniziato a lavorare per mantenere gli stessi animali che gli servivano per produrre il proprio cibo. Con gli animali la quantità di cereali e di cibo necessari è aumentata a sua volta. Quindi meno fatica e meno sofferenze ma paradossalmente più lavoro e problemi nuovi che prima non c'erano, quindi in sostanza, più stress.
Quindi così come per il fuoco, si potrebbe arrivare ad affermare che sono stati gli animali ad addomesticarci, perché siamo arrivati ad un punto in cui ci siamo ritrovati a lavorare anche per loro e non solo unicamente per noi stessi.
Spesso si pensa alla storia dell'uomo come un continuo cammino verso uno stile di vita sempre migliore, tant'è che ogni epoca ha sempre considerato la precedente come un qualcosa di superato e retrogrado, a parte forse certi rari casi di sentimenti nostalgici per ciò che è stato.
In alcuni casi non si può oggettivamente negare che ci sia stato un miglioramento delle condizioni di vita e di certe mentalità, ma quanto questo miglioramento è concreto e totale e quanto invece esso ha senso solamente nella misura in cui noi guardiamo e concepiamo il passato? E quanto, invece, abbiamo effettivamente perduto?
Noi che viviamo in questa epoca giudichiamo le epoche precedenti e la felicità di coloro che vi vivevano solo sulla base di ciò che abbiamo conquistato o crediamo di avere conquistato, a cui noi siamo abituati e a cui non rinunceremmo mai.
La stessa identica cosa probabilmente faranno coloro che verranno dopo di noi.
Ben pochi di noi infatti tornerebbe indietro ad un epoca passata essendo perfettamente consci di ciò che in quell'epoca non potrebbero avere, sia in termini materiali che in termini di stile di vita o di mentalità. Perché noi pensiamo ed abbiamo un'immagine tutto sommato negativa del passato. Questo come già detto ci porta a pensare che chi viveva in quell'epoca non fosse felice o non potesse esser soddisfatto della vita che conduceva, a differenza nostra.
Ebbene alla luce di quanto abbiamo detto, può ancora questo pensiero considerarsi vero ed ugualmente accettabile?
Può una persona non consapevole soffrire per un qualcosa di cui non è minimamente consapevole? Credo sia difficile.
Quindi se noi viaggiassimo indietro nel tempo e, allo stesso tempo, ci venisse cancellata la memoria non potremmo in alcun modo renderci conto se sia meglio o no vivere in un epoca piuttosto che in un'altra. Perché ci limiteremmo a vivere quel momento, quell'epoca così per come essa ci si presenta e certamente non sentiremmo minimamente la mancanza di ciò di cui ignoriamo persino l'esistenza. Persino ora non possiamo avvertire la mancanza di una tecnologia che ancora non è stata inventata o di una condizione/mentalità che non è stata portata ancora alla luce.
Abbiamo subito ogni scoperta ed ogni innovazione con una passività impressionante, e questo è soprattutto vero se si pensa al secolo che ha dato il via alla prima rivoluzione industriale e a tutto l'800 e il '900, perché allora, come adesso, si credeva fermamente nella assoluta e incontestabile legittimità e nella benevolenza del progresso. Ma quanto tutto questo ci ha resi realmente liberi e quanto, invece, ci ha deprivato sempre di più della nostra libertà e della nostra autenticità di esseri umani?
Alla fine è poi così vero che senza tutto questo saremmo stati meno felici di quanto siamo ora?

FATTI NON FOSTE A VIVER COME BRUTI...


Vogliamo parlare ora del problema morale?
Infatti è pensiero comune il considerare coloro che sono vissuti in epoche lontane dalla nostra non solo retrogradi per quanto riguarda l'aspetto tecnologico, ma anche riguardo l'aspetto morale, culturale ed ideologico.
Restiamo in epoca preistorica e parliamo degli uomini primitivi. Il luogo comune più diffuso è quello dell'uomo privo di ogni senso di moralità e di controllo e coscienza di sé. Pensiamo alla classica storia dell'uomo primitivo, muscoloso, col cervello grande quanto una noce, con la clava che prende la prima donna che gli capita a tiro per i capelli e la trascina nella sua grotta per violentarla. Certo, direte voi, questa è un esagerazione... eppure è così che ci è stata venduta l'immagine di quel periodo storico, tant'è che molti film e opere di finzione hanno usato questa concezione, contribuendo a diffonderla. Persino certe sostenitrici dell'ideologia femminista citano tale concezione, per rafforzare l'idea del maschio retrogrado, maschilista, primitivo...per l'appunto.
Ma non solo, il primitivo, il non civilizzato, tutt'oggi viene associato con negatività al concetto di immorale, violento, stupido e al tempo stesso viene esaltata la moralità ed i forti principi della modernità e della civilizzazione. Infatti siamo così ingenui da non capire che tutte le grandi battaglie che abbiamo fatto nei secoli scorsi per vedere riconosciuti certi diritti in realtà non sono cosa nuova, una novità di cui vantarsi ed essere fieri, ma bensì una conseguenza della loro sottrazione. Infatti in determinate epoche e momenti storici ed in specifici contesti questi diritti venivano già riconosciuti ed anzi facevano parte della normale cultura dell'individuo.
Per parlare di diritti della donna... questi sono stati affermati non in seguito ad una novità, ma bensì sono stati la diretta conseguenza e il frutto di un intera epoca di soprusi, violenze, repressioni. Se questa esagerazione nel reprimere la donna non ci fosse stata, non avremmo mai avuto l'esigenza di vedere tali diritti come riconosciuti, perché sarebbero già parte integrante della nostra cultura.
Di per sé sono esistiti momenti nella storia, in particolari culture, in cui la donna aveva la stessa importanza dell'uomo all'interno della società, poteva ricoprire gli stessi ruoli, e godeva del rispetto che meritava.
E persino nella preistoria la donna aveva un ruolo preciso, che non la poneva certo su un livello inferiore all'uomo e di conseguenza veniva rispettata come tale... anche perché ancora oggi se osserviamo le culture native sparse un po' per tutto il mondo è davvero difficile trovarne una in cui sia usanza picchiare la propria moglie o i figli, o abusare di una donna facendo violenza.
Persino le prime religioni avevano come oggetto di culto la figura femminile e l'importante ruolo di genitrice di vita.
Quindi possiamo giungere alla conclusione che questa idea così diffusa di primitivo, nel senso di arretratezza mentale, morale e culturale non sta in piedi ed è fondata esclusivamente sulla fantasia e sull'ideologia delle persone che l'hanno ideata per primi.

Infatti persino le prime comunità di uomini (ex ominidi) usavano praticare cose come il commercio. Si scambiavano conchiglie o altri oggetti ritenuti sacri con altri gruppi, tribù, famiglie in segno di amicizia e per avere qualcosa in cambio che in altro modo non sarebbe stato possibile ottenere. Quindi anche quella storia secondo cui l'uomo primitivo sarebbe stato un violento che si fa largo con le armi per uccidere tutti quelli che gli si parano davanti per derubarli o che invadono il suo territorio è pressoché fantasiosa.
Certo, non si può nemmeno negare che la violenza e l'uso delle armi ci sia sempre stato: sempre nelle storia ci sono stati uomini che hanno scelto deliberatamente di comportarsi in modo violento, ma se si va ben a vedere, questi sono sempre stati una minoranza, salvo casi di manipolazioni ideologiche/religiose. Ma queste nella preistoria non erano certo comuni ed appartengono ad epoche decisamente più recenti.
Persino negli animali possiamo osservare comportamenti più o meno violenti che variano da un individuo all'altro. Spesso i comportamenti violenti sono un fatto di acquisizione sociale, spesso imposta da una cerchia ristretta di individui. Ovvero si impara ad essere violenti perché il contesto in cui vivi non ti lascia altra scelta o altra soluzione.
Ma gli uomini primitivi avevano un mondo di scelte e di possibili soluzioni.
Ragioniamo... ai tempi la popolazione umana sulla terra era decisamente inferiore a quella attuale, così come la densità di popolazione.
Se osserviamo il comportamento dei nostri cugini più prossimi possiamo vedere come in realtà i conflitti siano scaturiti da una convivenza forzata e da una disponibilità di risorse decisamente ridotta. Ma stiamo parlando di scimmie e persino loro sono consapevoli che un conflitto non è una cosa bella, da evitare, se possibile. Laddove è possibile, infatti, le scimmie sono ben capaci di "redistribuirsi" sul territorio e se di territorio e di risorse c'è n'è in abbondanza per tutti, che motivo dovrebbe mai esserci di combattere o scatenare un conflitto?
Se le scimmie sono capaci di fare questo, perché mai l'uomo primitivo avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Immaginate: un mondo popolato solamente da pochi milioni di esseri umani, un intero orizzonte infinito (perché così doveva apparire agli uomini di quel tempo) da esplorare. Che motivo ci sarebbe mai stato per aggredire od uccidere un nostro simile? Cioè che motivo ci sarebbe mai stato di combattere se di territorio ce n'era in abbondanza per tutti? Anzi, visto la popolazione umana di quel tempo, in determinate aree geografiche sarebbe stato già un "miraggio" imbattersi in un altro gruppo di uomini.
Immaginate di camminare e di spostarvi per centinaia di chilometri con il vostro gruppo o la vostra famiglia senza incontrare anima viva, poi all'improvviso vi imbattete in
un altro gruppo di esseri umani... secondo voi quale sarebbe la vostra reazione?
Brandireste un arma per ucciderli (come ci propone il classico luogo comune dell'uomo primitivo/non civilizzato)
o, piuttosto, gioireste del nuovo incontro e provereste
curiosità / voglia di socializzare?
Persino gli elefanti solitari della foresta viaggiano per molto tempo da soli o in piccoli gruppi per finire poi per incontrarsi a quelle poche pozze d'acqua che ci sono.
Che cosa credete? Che una volta arrivati alla pozza d'acqua si mettano a prendersi a zannate a vicenda? Io non ho mai visto una scena simile.
Anzi, gli elefanti fanno festa e condividono tutti insieme questo momento e ne approfittano per fare "nuovi incontri" e per socializzare dopo un lungo tempo di solitudine...
Quindi, se persino gli elefanti si comportano così, perché gli uomini primitivi avrebbero dovuto comportarsi diversamente? O hanno ragione quelli che dicono che gli animali sono migliori di noi, oppure qui qualcuno ci ha inculcato un'idea sbagliata e distorta del passato nella convinzione che i traguardi raggiunti dalla nostra civiltà siano indiscutibili e inattaccabili.
Ma come abbiamo visto fin ora... non è affatto così.

L'INGANNO E L'ILLUSIONE DEL PROGRESSO E DELLA MODERNITA'


Il progresso e il livello di civiltà che abbiamo raggiunto non deve per forza essere considerato un bene, o per meglio dire, i traguardi che tanto vantiamo non sono poi così ammirevoli come pensiamo.
Ai suoi tempi già il buon caro e vecchio Jean-Jacques Rousseau, nella seconda metà del 700' aveva colto in pieno le problematiche e le difficoltà legate a questo ipotetico progresso (ipotetico poiché invece di permettere all'uomo di progredire individualmente, lo porta ad una lenta e inesorabile collettiva regressione morale e spirituale).
Questo filosofo contribuì alla diffusione di quello che oggi viene definito il "mito" del "buon selvaggio". Il nome che venne dato a questa idea è già di per sé un indizio che ci fa capire quanto in realtà i sostenitori di queste idee siano stati canzonati e criticati da coloro che vi si opponevano.
Infatti si potrebbe facilmente obbiettare a chi dice che l'uomo non civilizzato / del passato sia migliore di quello moderno e civilizzato. Però il punto delle idee di Rousseau non era affatto questo.
E' chiaro che la natura umana non è cambiata di molto nel corso dei secoli, e come noi oggi possiamo commettere errori, anche chi non vive nelle nostre stesse condizioni può commetterne.
Però non si può negare la veridicità di alcune sue critiche, in special modo rivolte verso la scienza, il progresso, l'arte, la religione, la società in genere. E non si può negare che i popoli meno civilizzati di noi abbiano sempre avuto un atteggiamento diverso dal nostro nel concepire il mondo ed il sacro, poi certo è chiaro che non tutti ragionassero in quel modo. Sicuramente ci sarà stato qualche indigeno o qualche uomo primitivo che si comportava come noi ci comportiamo oggi. Ma la questione non è il se o il quando... la questione è la diffusione di questi comportamenti.
Quanto sono diffusi nella nostra società? e quanto lo sono ad esempio in una tribù dell'Amazzonia?
Se primitivo e non civilizzato è sempre e comunque sinonimo di inferiore/sfigato/brutto... allora perché molti uomini occidentali e civilizzati hanno finito col rimanere a vivere con quelle tribù per così tanto tempo? C'è chi si è recato là per studiarli, ed è diventato uno di loro. C'è chi si è recato là con l'intenzione di convertirli ad una qualche religione astratta ed è finito col convertire sé stesso. E c'è persino chi si è recato là con l'intenzione di sottometterli/sfruttarli ed è finito poi col sottomettere sé stesso alla bellezza di quella vita.
Nonostante questi rari episodi di purezza e primigenia verità, alla fine siamo comunque riusciti a "civilizzare" questi popoli.
Ci siamo riusciti perché il progresso, la civiltà, fa leva su ciò che di più oscuro possa celarsi nel cuore di un uomo: l'avarizia, la superbia, l'arroganza, la lussuria, la vanità, il desiderio di potere e di ricchezza, l'illusione di poter vivere per sempre e chi più ne ha più ne metta.
E cosa abbiamo dato loro quindi?
Gli abbiamo portato gli antibiotici, ma gli abbiamo tolto la possibilità di vivere una vita sana e naturale.
Gli abbiamo portato la scuola, la televisione e la radio, ma li abbiamo privati della capacità di decidere e pensare con la propria testa.
Gli abbiamo portato Dio, ma gli abbiamo tolto la pace.
Gli abbiamo portato il progresso e la scienza, ma gli abbiamo tolto l'umanità.
Ora, ditemi... queste persone ora hanno una vita migliore di quella che avevano prima?
Prima erano liberi, sapevano come procurarsi il cibo senza spendere un soldo... ora che fine hanno fatto? Buona parte di loro vive in baraccopoli, in luoghi malfamati ai margini della società, si droga ed è alcolizzata perché la droga, l'alcool è ora l'unica cosa che riesce a dare un senso, seppur illusorio, alle loro vite, e non hanno un futuro. Sì, perché quel futuro noi glielo abbiamo tolto. E a nulla serve andarsene ed emigrare in un'altro paese: la stessa fogna è ovunque... ovunque vi sia l'uomo ed il suo tanto amato "progresso".
Questo va detto, e va detto non tanto perché "ah, allora che facciamo? torniamo a vivere nelle caverne?" ma bensì va detto perché la gente apra gli occhi e la smetta di pensare di vivere in una specie di bolla di sapone. Va detto perché si deve capire che a causa di questa mentalità distorta, dove tutto ciò che è nuovo, è scienza ed è progresso è ciò che di meglio ci sia per l'uomo, ci stiamo perdendo per strada un mondo fatto di cose che ormai più nemmeno ricordiamo, e la cosa triste è che non le ricordiamo perché pensiamo di essere "arrivati" e che le generazioni passate o chi vive in modo diverso da noi non abbia nulla da insegnarci.


1 commento:

  1. Un articolo meraviglioso. Credo che questo è il punto di arrivo di riflessione profonda, dopo il quale resta ormai poco da scoprire. In questa consapevolezza ci si può riposare. Pochi e poche sono arrivati a tale livello di comprensione.

    - Gianni Tiziano

    RispondiElimina

La moderazione dei commenti è attiva, quindi potrebbe volerci del tempo prima di vedere il vostro commento pubblicato. Siate pazienti e ricordatevi di attivare le notifiche.

o- Tutti possono commentare, anche in forma anonima. Tuttavia sarebbe carino e consigliabile il firmarsi con un nome od un nickname
o- Non verranno pubblicati commenti provocatori e poco rispettosi del prossimo o commenti con contenuti di natura pubblicitaria, salvo per finalità direttamente collegate o inerenti il contenuto del post.